A cavedani con l'amettiera

Una tecnica di pesca praticata in alcuni laghi del nord Italia, è quella del cavedano con l'amettiera innescando e pasturando a bigattini (cagnotti).

Non si sa chi abbia inventato detta tecnica, ma sicuramente è nata per vincere la diffidenza del cavedano di fronte alle esche presentategli, consentendo di catturare anche esemplari di grossa taglia senza utilizzare terminali capillari, con i quali si avrebbe una rottura sicura.

Per praticare questa tecnica occorrono una canna da lancio di almeno 4 mt. di lunghezza con azione di punta, non troppo rigida (le canne da trota laghetto per basse grammature possono andare bene), a questa abbiniamo un mulinello con imbobinato del monofilo dello 0.15/0.16, poi occorre un galleggiante scorrevole del tipo tradizionale o all'inglese, con portata di almeno 5/6 gr. meglio se di conformazione allungata tipo penna e per concludere l'amettiera a 5 ami con relativo piombo di taratura.

Ora realizziamo la lenza:

Una volta preparata la canna con il filo negli anelli, infialiamo su quest'ultimo il galleggiante e poi leghiamo una piccola girella con moschettone al quale andremo a fissare l'amettiera, ed in fondo a d essa il piombo per tarare il galleggiante, generalmente si utilizzano piombi terminali, quelli con l'anellino da un solo lato, ma può andare bene anche un bulk costituito da grossi pallini tipo AA o SSG raggruppati. Dopo queste operazioni dobbiamo realizzare il nodo di stopper per il galleggiante, dando una profondità di pesca adeguata a secondo del periodo, d'inverno pescheremo un po' a fondo, mentre nella bella stagione un po' più a galla, comunque sempre almeno6/7 mt. sotto la superficie dell'acqua calcolando dal piombo.Nel caso vogliate utilizzare lo stopper in gomma, ricordatevi d'inserirlo sul filo prima del galleggiante.

Azione di pesca:

Preparato il tutto, possiamo innescare gli ami con un bigattino a penzoloni, appuntato sottopelle dalla parte più grossa, quindi lanciamo al largo ma sempre a tiro della fionda e una volta che il galleggiante sarà in pesca incominciamo a pasturarci sopra, con fiondate frequenti ma con pochi bigattini, in modo da creare una continua discesa di esche nei pressi dell'amettiera, in questo modo i cavedani entreranno in pastura e con tutto quel ben di dio che gli scende a pioggia, entreranno in competizione alimentare tra loro e la voracità gli farà ingoiare anche le esche sugli ami. Quindi attenzione al galleggiante perchè la mangiata si può manifestare in due modi, o un'affondata secca o una risalita veloce del galleggiante, in qualsiasi caso ferrare all'istante, perchè il cavedano sarà ingordo ma non stupido.

L'amettiera:

Le amettiere per questa pesca si possono trovare gia pronte, ma se volessimo realizzarle, basteranno degli ami del n° 16/18 a gambo corto o medio bruniti o nikel, e del monofilo dello 0.14/0.15 neutro, una cosa importante, il bracciolo dell'amo non deve superare i 4/5 mm. di lunghezza.

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Pesca con il velettone comasco

In passato, quando le prime canne da lancio erano realizzate in bambù o in fibra di vetro, la pesca, come del resto ai giorni nostri, richiedeva particolari accorgimenti  per poter affrontare le situazioni più disparate  e fu in quel periodo che qualche pescatore del lago di Como, ebbe l'idea di pescare a galla i cavedani, ma ad una certa distanza dalla riva e con lenze leggerissime per vincere la loro diffidenza, quindi "probabilmente" inventò la tecnica chiamata "pesca con il velettone comasco".

Ma in cosa consisteva detta tecnica?

Praticamente si sfruttava il peso di un piombo galleggiante di forma e dimensione di un piccolo uovo di gallina, realizzato in legno pesante (ebano, palissandro, ecc.) con un foro passante al centro come se fosse un piombo a pera, questo serviva da zavorra per il lancio, ma il vero e proprio galleggiante era una piccola penna di pavone, a volte colorata con colori vivaci per essere visibile ad una certa distanza da riva. La montatura era molto semplice, s'infilava l'uovo in legno sul filo del mulinello, poi si metteva una piccola penna di pavone di 7 - 8 cm. fissata con due o tre anellini di gomma sul filo, si legava una girella e a questa si attaccava il terminale di circa 150 cm. con l'amo proporzionato all'esca impiegata.

Sotto: schema di montatura

Ma come si pescava?

Semplicissimo, lanciando il tutto al largo trattenendo leggermente prima che la lenza tocchi l'acqua per distenderla,  una volta in acqua si dava un colpetto secco con la cima della canna all'indietro e per effetto del contraccolpo, la penna si staccava dal peso in legno quel tanto per restare ben visibile in acqua e non essendovi alcun piombo tra essa a l'amo, si pescava praticamente a galla o di poco sotto il pelo dell'acqua. In caso mangiata si vedeva partire la penna a razzo, essendo il filo libero di scorrere attraverso il "piombo in legno galleggiante". Con questa tecnica s'insidiavano molti pesci che in determinati periodi dell'anno mangiano a galla, e al giorno d'oggi è ancora utilizzata (con galleggianti differenti con lo stesso principio) per pescare anche le trote con il vivo in mezzo ai banchi d'alborelle.

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Pesca con il gatoss o gatossa

Sul Lario in vari periodi dell'anno, a secondo della reperibilità delle esche, ma soprattutto in primavera, viene praticata la pesca con il gatoss o gatossa. Si tratta di una larva simile ad una grossa camola del miele  di colore bruno, che si può reperire presso i rigagnoli perenni situati in zone boschive. Questa larva nasce dalla "Tipula maxima", una specie di grosso zanzarone innocuo che depone le uova in acqua nella fanghiglia o in depositi di foglie nei luoghi descritti in precedenza. Sul lago la pesca con questa esca mira alla cattura del cavedano, ma anche altre specie ittiche sono interessate, tra le quali persici reali, scardole, barbi, ecc.  E' un'esca delicata, sia per la conservazione che per l'innesco, generalmente viene impiegata pescando all'inglese con lenze leggere e terminali lunghi e sottili in modo da conferire la massima naturalezza alla presentazione dell'esca. L'innesco viene eseguito a fior di pelle, con ami di numero variabile a seconda dell'esca, dal n° 12 al 18 rigorosamente bronzati a filo fine e pancia un po' larga, in modo da non danneggiare l'esca, che, se punta troppo in profondità scoppia come un palloncino pieno d'acqua. I luoghi ideali per utilizzare il gatoss sono le foci di fiumiciattoli o torrenti nel lago, con fondale che degrada dolcemente, ma non è detto che in altri punti non sia redditizia.  Come accennato prima l'innesco è un po' delicato, bisogna passare l'amo sottopelle presso la crestina che sporge ad una estremità, facendo attenzione a non comprimerla con le dita, pena lo svuotamento e la morte della larva. Per questa pesca non occorre alcuna pasturazione, essendo il gatoss un nutrimento naturale che il pesce trova, ma i momenti migliori per impiegarlo possono essere dopo un periodo di pioggia, complice la torbidità del corso d'acqua che si riversa nel lago.

Qui sotto il disegno illustra la montatura da utilizzare per la pesca a galla o in acque basse e il particolare dell'innesco.